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martedì 27 settembre 2011

Silvio Berlusconi e il "bungabunga": "Ci prendono in giro persino in Madagascar”

Silvio Berlusconi e il "bungabunga": "Ci prendono in giro persino in Madagascar”

di Oliviero Beha
Siamo a rischio Madagascar, pur con il Colosseo: che fare oggi, che fare domani? Giorni fa due giovani di ritorno da una settimana in Madagascar con quei noti “pacchetti vacanza” mi hanno raccontato della povertà che circonda quando non assedia queste “cattedrali” del lusso turistico, povertà che più onestamente dovremmo chiamare miseria (che è un’altra cosa …). La cosa mi ha impressionato, ma non sorpreso: è il “trend” del pianeta che globalizza la miseria dei moltissimi in favore della plutocrazia, e lo fa sotto gli occhi anche televisivi e internetticidi tutti. Un villaggio turistico in quella come in altre zone analoghe del mondo è come un plastico, in un deserto dove manca l’acqua: i ragazzi raccontavano, e fortunatamente essendo di ottima pasta umana partecipavano con i fatti avendo lasciato in loco ai miseri soldi, abiti e tutto il non strettamente necessario. Sono tornati “leggeri”, ma insieme “pesanti”. Intendo certo eticamente pesanti.

Invece mi ha colpito il racconto che i bambini in cerca di elemosina a colpi di sorrisi dicessero, rivolgendosi alla stragrande maggioranza di italiani “fedeli della cattedrale” malgascia di cui sopra, “bungabunga” e “Berlusconi”: bungabunga, Berlusconi in Madagascar, ma dove siamo arrivati? (Tradotto per gli adepti di Arcore che leggono degli articoli solo le righe che interessano loro: magistrati cattivi, stampa assassina, guardate dove ci avete trascinato, nel fango dell’Oceano Indiano …). Forse i miei giovani avevano esagerato, ho pensato per sopravvivere. Invece ieri, in prima pagina sul “Corriere della Sera”, ti trovo un pezzo di Dario Di Vico che trattando degli industriali del Nord che non sopportano più questo precipizio citava virgolettata l’affermazione “ci prendono in giro persino in Madagascar”.

Senza essere né Sherlock né Watson, ho fatto due più due: se non cambiamo il manico, siamo finiti, e non necessariamente per colpa esclusiva di Berlusconi, come ho scritto anche qui mille volte. Solo che la profondità della crisi fa chiedere a molti “ci dia Lei la ricetta”, come se fosse uno sciroppo da trangugiare con facilità il fatto di scrivere quello che scrivo da anni, in solitudine quasi completa: perché chi dà addosso al Caimano spesso non vede altro che lui con dei colpevoli “paraocchi” da far invidia alla razza equina, o forse specificamente ai muli; chi lo difende ormai solo a colpi di “ e gli altri, come sono gli altri?”, pare non rendersi conto del baratro in cui siamo finiti. Le piazze si stanno già riempendo, e sarà sempre peggio, per forza, con una tensione e una disperazione che si tagliano con il coltello di una sensibilità anche solo da bambini.

La questione della “ricetta” è mal posta: premetto che non ne ho, e faccio già fatica a stilare diagnosi e prognosi senza committenti alle spalle. Ma è come quando mi chiedono “perché non fa politica Lei direttamente” (e chi mi candiderebbe, anche lo volessi, visto che ho raccontato le magagne complementari di tutti?) oppure “perché non fonda un Partito”, quasi non ce ne fossero già abbastanza. Ma non ne voglio uscire così.

Per non trasformarci in un Madagascar con il Colosseo, comincio con qualche rapido suggerimento:

1) Firmare - e di corsa - per il referendum abrogativo del Porcellum: non risolverà tutto, ma è sempre meglio di questa legge elettorale orrenda

2) Fare pressione popolare perché si formi un governo d’emergenza solo - ripeto solo, con il visto quirinalizio - per mandarci a votare il prima possibile.

3) Pretendere nel frattempo sia a sinistra che a destra che al centro che sopra che sotto primarie “pulite” per i candidati, nel senso che non ci sia di mezzo né la delinquenza organizzata né la burocrazia politica, che insieme strozzano una politica accettabile. Altrimenti non andare a votare.

4) A casa con Berlusconi devono andare anche i protagonisti dell’ultimo ventennio “diversamente sodali” del loro avversario caimanesco, cioè quelli che da troppo tempo occupano il suolo pubblico con la scusa/paravento di essere stati votati. Non votiamoli più. Sono il “vecchio” e soprattutto sono il “vecchio colpevole” o almeno “responsabile” di tale sfascio.

5) Chiedere ai “nuovi” soggetti politici usciti dalle primarie, da fare in fretta e sulla spinta dell’indignazione popolare, non solo un programma per oggi, ma anche una visione del Paese, e del Paese nel mondo, per domani. Se non ne hanno, non si vota neppure per loro.

E’ poco? E’ troppo? E’ utopistico? Vedete voi, da qualche parte bisognerà pur cominciare.
23 September 2011
 

1 commenti:

FRANK ha detto...

ciao Elvis.....dimmi che ne pensi del mio sito nel libro degli ospiti!!
http://frankspeed.jimdo.com/

bello il tuo blog
ciao da Frank Di Leo

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